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A tavola con la birra

BirraFenomeno birra. Da bevanda senza identità (“la birra? non esiste – spiega Kuaska, uno dei maggiori esperti italiani – basti pensare che la maggior parte delle persone quando chiede una birra dice “una media”, senza specificare altro, come se uno andasse dal macellaio e chiedesse solamente “mi dia due etti””) a prodotto sempre più apprezzato sulle tavole, anche e soprattutto nella ristorazione. Qualche numero per inquadrare meglio il fenomeno. Nell’ultimo anno i consumatori di birra fuori casa sono cresciuti del 148% e sono saliti anche i produttori, grazie soprattutto al fenomeno dei birrifici artigianali, con oltre 1500 marchi presenti oggi nel nostro paese. A bere birra sono 30 milioni di italiani (58,5%), di cui tante donne (42%). E che la birra stia in questi ultimi anni acquisendo una sempre maggiore notorietà lo dimostra anche l’uscita della prima guida interamente dedicata a quei ristoranti, pub o beer-shop che si sono distinti per la miglior offerta di abbinamento cibo-birra. Insomma, non c’è dubbio che la birra rappresenti oggi un nuovo modo di bere ed anche di abbinare i piatti, grazie alla sua estrema versatilità. Un universo però ancora tutto da scoprire, a metà strada fra la moda del momento e una crescita lenta ma constante nel conquistare i gusti dei consumatori. Per capire cosa c’è dietro il mondo della birra e, soprattutto, come viene proposta nel mondo della ristorazione, abbiamo sentito il parere di quattro dei massimi esperti del nostro paese: Teo Musso, considerato un vero e proprio pioniere della birra di qualità in Italia grazie al suo marchio Baladin e alle moltissime iniziative che ha portato avanti in questi anni, Lorenzo Dabove detto “Kuaska”, uno dei più noti degustatori di birre e massimo esperto italiano di birre belghe, Andrea De Bortoli, titolare del Nidaba di Montebelluna (TV), vincitore del premio per la diffusione della cultura della birra secondo la guida de L’Espresso “Le tavole della birra 2011”, e Fabiano Toffoli, mastro birraio della 32 Via Dei Birrai di Onigo di Pederobba (TV), uno dei migliori birrifici artigianali d’Italia.

TEO MUSSO, titolare birrificio Le Baladin di Farigliano (CN)
E’ in atto una rivoluzione culturale su un prodotto che aveva perso la sua vera identità, ma bisognerà guidarla bene

“Ho iniziato ad affrontare il mondo della ristorazione nel 1997, proponendo due birre artigianali molto curate dal punto di vista della presentazione, adatte ad una clientela di appassionati di cibo e vino, in un’interpretazione prettamente dedicata all’abbinamento con piatti della ristorazione moderna. Era importante capire bene il modo di presentare il prodotto e la qualità dello stesso. Fra il 1998 ed il 1999 ho visitato circa 500 locali dell’alta ristorazione dei quali 100 hanno iniziato ad acquistare le mie birre regolarmente. Ma solo due, un locale di Torino ed uno di Verona, avevano davvero il coraggio di metterle sul tavolo, negli altri casi il consumo avveniva solo su esplicita richiesta dei clienti. Abbastanza sfiduciato da questo stato di cose, nel 2004 stavo quasi per abbandonare questo progetto di portare la birra nel mondo della ristorazione, anche perché non vedevo nessuno che mi appoggiasse concretamente per cambiare questa mentalità. La svolta è stata nel 2005, quando ho ricevuto a Copenaghen l’oscar della birra come figura che meglio rappresentava il rapporto fra birra e ristorazione. Da lì sono ripartito, prima creando un bicchiere coordinato con l’immagine della birra, poi una nuova linea di birre con un gusto diverso e quindi iniziando a distribuire quattro validi produttori italiani e creando infine anche un nuovo marchio. E’ l’anno in cui in Italia esplode il fenomeno dei micro birrifici artigianali, che avrà un nuovo slancio fra il 2008 e il 2010. Pur in un mercato un po’ in crisi, come del resto accade anche per il vino, il progetto riprende forma ed oggi può contare su circa 3000 ristoranti che nel nostro paese offrono la carta della birra assieme a quella del vino e su 370 microbirrifici. Certo è da considerare che il fenomeno birra oggi sembra piuttosto una moda, con tutti i pro e i contro che questo comporta. Fra i primi c’è il fatto innegabile che è in atto una rivoluzione culturale su un prodotto che aveva perso la sua vera identità, fra i secondi c’è il rischio che questo diventi un fuoco di paglia. L’aspetto fondamentale perché questo non accada è legato al tema della formazione, soprattutto rivolto ai gestori di enoteche e ristoranti. In modo da creare un metodo di analisi e capacità decisionale più professionale di quello che è oggi. Chi realizza i piatti e chi lavora in sala deve avere una conoscenza più approfondita riguardo agli abbinamenti. E di pari passo deve crescere anche la cultura del consumatore. Penso che proprio l’Ais abbia le strutture e le capacità di sviluppare in parallelo questo compito con un approccio sufficientemente tecnico, anche perché questi due mondi, vino e birra, sono meno lontani di quan-to si creda”.

LORENZO DABOVE, in arte KUASKA, degustatore ed esperto di birre
Quella della birra non è una moda passeggera, ma trova conferma in quei ristoratori che propongono una carta delle birre, affiancandola a quella tradizionale dedicata ai vini

“Attribuirei il merito dell’indubbia crescita della conoscenza delle birre da parte dei nostri consumatori non tanto all’aumento dei consumi quanto proprio al prorompente affermarsi del movimento della birra artigianale, nato nel nostro paese a metà degli anni Novanta. La scoperta di birre tutte diverse, non pastorizzate, caratterizzate da aromi e sapori intensi e complessi, lontane anni luce dalle anonime “mass market lager”, tutte uguali, pastorizzate, anonime e povere di aromi e di sapori, ha creato una nuova figura di consumatore di birra, più attento, esigente ed assetato di cultura birraria, che può ora trovare una vastissima scelta di birre in decine di beer-shop fornitissimi e spesso gestiti da titolari competenti che sanno rispondere a domande e soddisfare le più svariate esigenze sia da parte dei neofiti che dai più sperimentati beerlovers. Inoltre si sono moltiplicate le occasioni per accrescere le proprie conoscenze in sempre più numerosi eventi, da semplici serate di degustazione a corsi più strutturati fino ai festival sparsi in tutta la penisola. Da tenere infine in considerazione è anche la nascita di un nuovo “turismo birrario”, prima focalizzato solo sui paesi esteri (Belgio in testa, ma pure Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca, Irlanda e, new trend, Stati Uniti) ma ora allargato ai birrifici e alle bellezze del nostro paese, come testimonia la recente pubblicazione della guida “La Via della Birra” edita da Aliberti. Insomma, quella della birra non la vedo come una moda passeggera, anzi, l’incoraggiante situazione sopra evidenziata, trova piena conferma nella pronta risposta dei nostri più lungimiranti ristoratori che propongono ai loro clienti una carta delle birre, affiancandola a quella tradizionale dedicata ai vini, dalla quale attingono idee non solo per gli abbinamenti ma anche per la sempre più emergente tendenza della “cuisine à la bière”. Le birre dei nostri valenti artigiani la fanno ormai da padrone nelle carte delle birre dei più prestigiosi ristoranti italiani, grazie alla qualità e alla varietà ma anche grazie a bottiglie dalle forme e dalle etichette eleganti e ricercate, altra testimonianza della nostra creatività Made in Italy. Da qualche anno propongo, con la collaborazione del notissimo sommelier Luigi D’Amelio alias Schigi, un format di grande successo, intitolato “Vino vs Birra” che prevede un menù di un grande chef con diverse portate alle quali vengono abbinati un vino e una birra. Ma, non contento, ho inventato un nuovo format provocatoriamente intitolato “Là dove le birre osano, i vini non possono osare” che consta in una cena nella quale vengono abbinate birre diversissime a piatti caratterizzati da ingredienti impossibili o difficilmente abbinabili ai vini, come i sottaceti, il finocchio, il carciofo, l’asparago, la senape, il gelato, i dolci al cioccolato ripieni di liquore e così via. C’è quindi spazio per i sommelier della birra? Io, oltre ad esserne il pioniere (studio e degusto birre da oltre trent’anni), penso di essere in Italia il solo a farlo di professione e posso affermare che, pur divorando libri e annusato provette, la maggior parte di quello che so l’ho imparato sul campo, da “esploratore” spinto dalla passione e da un “sacro fuoco””.

ANDREA DE BORTOLI, titolare Nidaba di Montebelluna (TV)
Il sommelier della birra è una figura utilissima per costruire una buona carta, ma che ancora manca nella ristorazione, dove c’è molto spesso improvvisazione

“Il nostro locale è nato trent’anni fa come semplice birreria, ma nel tempo ha saputo evolvere e trasformarsi proponendo un format particolare che punta sull’abbinamento di qualità cibo-birra. Per far questo ci siamo ispirati all’estero, dove locali di questo tipo esistono già, ad esempio in Francia, Belgio, Danimarca, Olanda e Germania, locali in cui dietro al mondo della birra c’è anche una proposta di cucina di qualità. E siamo riuscito a farlo pur in una terra, il Veneto, dove il vino la fa da padrone. Vino di cui non ci siamo certo dimenticati nel nostro locale, dove comunque la birra è la bevanda di riferimento, con un rapporto di vendita rispetto al vino di quattro a uno, ma proponiamo per scelta solo vini veneti, perché crediamo che si debba offrire ai propri clienti solo quello che si conosce molto bene. La birra fa quindi parte del nostro Dna, pro-posta con una carta da oltre 200 referenze e abbinata ad una cucina classica, grazie al ristorante attivo dal ‘93 con un menù che cambia ogni giorno. Cerchiamo sempre di offrire prodotti poco conosciuti dal pubblico, tanto da venire spesso premiati dalle guide fra i migliori ristoranti italiani che pon-gono attenzione tanto a una carta delle birre, fornita e di qualità, quanto agli accostamenti culinari migliori tra birra e cibo. Il mondo della birra si sta allargando nel settore della ristorazione, anche perché è una tendenza che funziona bene. Inoltre esistono in Italia 400 microbirrifici, c’è quindi un bel movimento, spinto soprattutto da birrai giovani. E’ un mondo in continua crescita, grazie anche all’aumento delle importazioni che ha aperto la gamma delle birre disponibili, da quelle maturate in legno, utilizzando botti di whiskey o anche di vini come il Bordeaux che oggi vanno moltissimo, a birre particolari come quelle norvegesi, che il nostro locale sta proponendo, davvero di ottima qualità. L’abbinamento con la birra non è certo semplice da fare, ma sicuramente quella del sommelier della birra è una figura utilissima, soprattutto quando bisogna costruire una buona carta della birra, con birre esclusive e che possano durare, e che ancora manca nel mondo della ristorazione, visto che molto spesso c’è improvvisazione, con doppioni o birre messe lì a caso. Una figura utile per spiegare il perché si utilizzino certi bicchieri, a che temperatura servire la birra, che sia quindi in grado di consigliare ed insegnare”.

FABIANO TOFFOLI, mastro birraio di 32 Via dei Birrai di Onigo di Pederobba (TV)
Sta alzandosi il livello della formazione sulla birra, grazie ai molti corsi offerti da diversi enti, ma c’è ancora molto da lavorare su questo aspetto

“Sono vissuto in Belgio sino a 16 anni, ossia dove la birra artigianale era cosa normalissima, e quando mi sono trasferito in Italia, a Milano, dopo essermi laureato in Scienze Agrarie con specializzazione in consumazione e trasformazione dei cereali, ho deciso di scegliere la strada del birraio. Ho frequentato la Scuola di Birrai di Feltre, poco prima che chiudesse nell’81, quindi ho avviato alcuni piccoli birrifici. Dopo parecchi giri per l’Europa per imparare l’arte della birra, ho fondato nel 2006 a Pederobba il birrificio 32 Via Dei Birrai assieme a Alessandro Zilli e Moreno Michielin. Abbiamo voluto creare delle birre con un’immagina ben precisa, che colpisca il consumatore, orientando da subito la nostra clientela nell’alta ristorazione. E’ un settore che si sta avviando molto bene, soprattutto quando ci si trova davanti a gestori che propongono esplicitamente la birra ai loro clienti, invece di tenerla da parte in attesa di una loro richiesta. Certo, serve un’adeguata preparazione. Noi, ad esempio, facciamo tenere ai camerieri dei ristoranti nostri clienti dei brevi corsi. Il nostro cliente è, il più delle volte, una persona curiosa, che non viene influenzato dal prezzo della bottiglia, che per le nostre birre può arrivare oltre ai 20 euro, ma cerca sempre qualcosa di nuovo. Bisogna però saper giustificare questo prezzo al consumatore, soprattutto grazie ad un’attività di comunicazione, lavorando quindi molto con il marketing. Sicuramente oggi la birra va molto alla moda, tanto che spesso veniamo contattati direttamente dai ristoranti. E anche le guide oggi cominciano ad occuparsene, segnalando quella ristorazione che offre birra in abbinamento. In più c’è il boom dei birrifici artigianali: agli inizi degli anni Novanta erano una quindicina, oggi sono oltre 400. Uno dei motivi, secondo me, è anche l’introduzione di voli low-cost, che hanno permesso a molti appassionati di viaggiare facilmente per apprendere i segreti dell’arte birraria in giro per l’Europa. Anche se in alcuni paesi, tipo gli Stati Uniti, il fenomeno è un po’ in calo e molti stanno chiudendo. Certo è che molti birrifici sono piccolissimi e complessivamente occupano appena il 3% del mercato in Italia, dominato dalle 8-10 aziende industriali. Qualcosa si muove bene anche a livello di formazione, come ad esempio l’Università della Birra a Varese che dà la qualifica di Maître Cervoisier, mentre dal 2010 è attiva l’Onab, Organizzazione nazionale degli assaggiatori di birra, che ha istituito il suo primo corso. Ci sono poi i corsi organizzati dal Cerb, il Centro di eccellenza per la ricerca sulla birra attivo all’Università di Perugia, corsi di formazione avanzata che stanno ottenendo buoni risultati, e i master sulla birra organizzati da Slow Food. Il livello sta quindi alzandosi nel settore, anche se non siamo ancora al top. Quindi direi che si sente sicuramente la necessità di una figura professionale come il sommelier della birra, anche se vedo il suo inserimento solo in pochi locali selezionati. Il futuro della birra artigianale rimane l’estero, dove c’è sicuramente molto spazio per il Made in Italy. C’è una piccola cerchia di ristoratori che fa ricerca, ma molti vivacchiano, fanno sì che la birra si venda da sola. Il modo corretto è quello di fare ricerca seriamente e approfonditamente, ma sono ancora pochi quelli che lo seguono davvero”.

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Paolo Colombo

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